Niente catastrofismi e terrorismo psicologico sulla scarsità di acqua nel pianeta. Rendiamoci però conto che le nostre scelte energetiche hanno un impatto sulla gestione dell’acqua. Un dato è certo: le risorse d’acqua dolce non sono infinite e soprattutto non sono equamente distribuite nel nostro pianeta.

Circa 1 miliardo di persone oggi non ha accesso all’acqua e le previsioni per il futuro non sono certo rosee. La mappa in basso è stata realizzata paragonando per ogni Area la produzione rinnovabile di acqua (ghiacciai, acque sotterranee) al consumo (agricoltura, industria, urbano).

In questo post non si vuole sposare l’ottica catastrofista della possibile guerra per l’acqua, annunciata da molti (US Intelligence, World Bank), anche in vista dell’aumento di popolazione che ci porterà dagli attuali 7 ad 8 miliardi nel 2050; si vuole invece analizzare lo strettissimo legame esistente tra energia e acqua.

Circa il 15% dell’acqua che consumiamo è infatti richiesta dall’industria energetica, soprattutto per il raffreddamento delle centrali elettriche e per l’estrazione di petrolio e gas. Le previsioni dell’International Energy Agency (qui) sono allarmanti: il consumo di acqua per il settore energetico crescerà a velocità doppia rispetto alla domanda di energia.

Abbiamo di fronte diverse alternative tecnologiche per soddisfare la nostra crescente sete di energia; ogni Paese si sta muovendo in base a proprie valutazioni. Alcuni però si troveranno a dover fare i conti con l’acqua e scartare delle possibili scelte altrove convenienti.

Il caso più eclatante e noto è quello delle nuove tecniche per l’estrazione di gas e petrolio, il “fracking” che ha reso l’USA il primo produttore di gas mondiale e che può portare a consumare anche 10 litri di acqua per ogni litro di petrolio estratto (vedi tabella sotto). Cina o Arabia Saudita interessate recentemente allo sviluppo dello shale gas (qui), dovranno trovare il supporto delle comunità locali interessate e, stando alla mappa di sopra, potrebbe non essere facile.  Anche la produzione di biocarburanti ha sollevato dei dubbi sulla gestione delle risorse idriche.

In USA la produzione di etanolo da mais ha raggiunto cifre record (circa 4 volte l’intero consumo di benzina Italiano); serve acqua per la coltivazione del mais e per produrre 1 litro di benzina equivalente possono esserne consumati anche 1.000 litri.

La scelta dei governi di imporre una percentuale minima di biocarburanti sui consumi Nazionali di benzina e gasolio dovrà necessariamente essere indirizzata verso produzioni “idro-sostenibili”.

La produzione elettrica sarà indubbiamente un tassello strategico per le enormi quantità di acqua richiesta per il raffreddamento delle centrali. Il consumo necessario a generare 1 MWh di elettricità varia a seconda della tecnologia premiando le nuove rinnovabili, eolico e fotovoltaico a discapito del nucleare. Nonostante Fukushima ed il periodo di incertezza, le previsioni stimano entro il 2035 circa 200 nuove centrali nucleari nel pianeta.

Ogni Paese carente di risorse idriche non potrà prescindere dal valutare tali impatti per i propri progetti. Che rischi si corrono?  In India ad Agosto 2012 il ritardo di un monsone ha provocato l’aumento di richiesta elettrica per il pompaggio dell’acqua per irrigazione, ridotto la potenza degli impianti idroelettrici ed ha causato un blackout di diversi giorni per 600 milioni di persone.

In Francia nell’estate 2003 un’ondata di calore ha forzato la riduzione di potenza di diverse centrali e ha costretto la Francia ad importare elettricità spendendo circa 300 mil €.

Quel che è certo è che la carenza di risorse idriche può portare a sconvolgere come visto la nostra routine oppure a sborsare grosse quantità di denaro per adattarsi, come ad esempio importando energia, prodotti che non riusciamo più a coltivare o ricorrendo alla desalinizzazione di acqua salata.

È certo quindi che nei prossimi business plan e nelle valutazioni di impatto ambientale di grandi progetti energetici, la casella “consumo di acqua” per caloria generata non potrà mancare. Speriamo solo che chi debba approvare o rigettare tali progetti non sia solo un esperto di gestione strategica dell’energia (in grado quindi di districarsi tra le diverse lobby), ma abbia ben chiaro in mente che l’acqua non è solo quella che compra al supermercato o che usa per fare la doccia!