Se cercate un paese dove parlare di diritti animali è tabù, visitate la Gran Bretagna. Strano ma vero, il Paese che per molti è sinomimo di amore per i nostri vicini delle altre specie è anche quello dove l’animalismo viene considerato da ampie porzioni della popolazione come collaterale a movimenti violenti o addirittura terroristici.
Nel 2004, un rapporto firmato dal (ancora per quanto?) Primo Ministro Tony Blair e dall’allora ministro dell’Interno David Blunkett si intitolava, senza mezze misure, “Animal Welfare – Human Rights: protecting people from animal rights extremists” (Benessere animale – Diritti umani: proteggere le persone dagli estremisti animalisti).
In quel documento, il governo di Sua Maestà spiegava come intendesse contrastare l’ondata di articoli riguardanti atti di violenza compiuti da ‘animalisti estremisti’. Perché in effetti si trattava di una serie di articoli, piuttosto che di violenza epidemica.
Nell’ottobre del 2005, il nuovo ministro dell’Interno Charles Clarke ha annunciato poi che la nuova legge antiterrorismo sarebbe stata estesa anche agli “estremisti animalisti”, per scoraggiare il ricorso alla violenza.
Per mesi, i media britannici sono stati pieni di notizie riguardanti attacchi e intimidazioni subiti soprattutto da ricercatori su animali, venditori di animali per la vivisezione e dalle rispettive famiglie: lettere e telefonate minatorie, auto danneggiate, scritte sui muri, volantini in cui si accusavano i personaggi in questione di pedofilia, distribuiti ai loro vicini di casa. Alcuni siti web sono stati aperti appositamente per pubblicizzare i nomi di ricercatori coinvolti in esperimenti.
Questa vasta serie di minacce ha avuto finora un solo esito violento contro persone: un’aggressione con mazze da baseball contro un ricercatore nel 2001, secondo quanto dichiarato dal governo in risposta a una interrogazione parlamentare. Anche se nel settembre del 2005 un presunto attivista dell’Alf (Fronte di liberazione animale), Donald Curie, ha appiccato il fuoco alla casa di un dirigente della casa farmaceutica GlaxoSmithKline, mentre nell’edificio si trovavano la moglie e la figlia dell’uomo.
Curie è stato poi arrestato e processato.Gli atti di vandalismo si sono però moltiplicati, coinvolgendo anche aziende fornitrici di servizi o materiali agli istituti selezionati, fino al pub di cui sono clienti i proprietari di un allevamento di cavie, che al mattino ha trovato le finestre infrante. La stessa famiglia di allevatori è stata oggetto di un lugubre ricatto: la trafugazione dal cimitero locale del corpo di una parente morta alcuni anni prima, accompagnata dalla richiesta di chiusura dell’allevamento come riscatto.
L’allevamento ha effettivamente chiuso all’inizio del 2006 ed il corpo è stato restituito alla famiglia. Tre persone sono state condannate per quella vicenda. Le aziende che utilizzano cavie per esperimenti nel frattempo hanno potuto facilmente trovare altri fornitori.
Oltre ad essere il luogo in cui è nata la prima società per la protezione degli animali e oggi la culla dell’estremismo animalista, la Gran Bretagna è infatti anche il Paese europeo dove vengono usati più animali nei laboratori (2.9 milioni nel 2005, statistiche pubblicate annualmente dal ministero dell’Interno) e dove le aziende sperimentatrici prosperano grazie al sostegno indiscusso del governo laburista.
Le autorità britanniche sostengono ufficialmente la sperimentazione animale come metodo che ha permesso di salvare “centinaia di milioni di vite umane”, dando praticamente per scontato che qualsiasi progresso medico o sanitario sia stato originato dall’uso di animali e chiudendo gli occhi sulle ricorrenti catastrofi farmacologiche.
Questa impostazione viene confermata anche quando si evidenziano palesi violazioni di legge da parte dei ricercatori. Nal caso degli esperimenti filmati all’università di Cambridge dalla Buav, L’Unione britannica contro la vivisezione, il governo ha difeso ufficialmente gli sperimentatori che hanno lasciato morire delle piccole scimmie, degli uistitì, lasciandole per tutta la notte senza alcuna assistenza nonostante fossero state appena operate al cervello.
In tribunale, l’avvocato del governo si è sforzato di fare accettare al giudice l’idea che la morte non è una “controindicazione”, in quanto un animale morto non soffre.
Eppure, l’impegno del governo britannico per contrastare ciò che definisce ‘estremismo animalista’ ad una lettura più approfondita non appare così deciso. Un esempio viene ancora dalla Buav: in alcuni siti web, solitamente registrati presso l’americana Geocities (il gestore del sito è più difficile da identificare), si indicavano gli indirizzi di alcuni ricercatori e gli inviti variavano a seconda dei casi dalla lettera di protesta all’assassinio.
Alcuni di questi siti utilizzavano l’acronimo Buav con diversi significati ma il chiaro intento di associare la Buav ad inviti alla violenza. L’associazione si è rivolta immediatamente alla polizia e al ministero dell’ Interno britannico. Ma alle richieste di intervenire per identificare e denunciare gli autori di questi inviti a delinquere o addirittura uccidere non ha mai fatto seguito alcun intervento.
I collaboratori del ministro hanno spiegato all’associazione che quanto segnalato non era semplicemente di loro competenza. Solo un’indagine della polizia avrebbe potuto permettere l’identificazione dei responsabili. I siti sono stati cancellati solo in seguito a contatti della vera Buav con Geocities. Paradossalmente, questi atti – hanno finito per diventare un grosso aiuto per l’industria chimico-farmaceutica britannica, che ha ricevuto dai media e dal governo un sostegno di proporzioni altrimenti inimmaginabili. In alcune localitá, come Oxford, sono state vietate manifestazioni contro la vivisezione per un raggio di chilometri intorno a laboratori o università dove si praticano esperimenti su animali.
Associazioni animaliste e per i diritti civili hanno protestato, ma il governo ha espresso pieno sostegno alla decisione.E’ E quando nel maggio scorso uno sconosciuto gruppo animalista ha invitato gli azionisti di GkaxoSmithKline a vendere i propri pacchetti azionario per denunciare l’uso della vivisezione nei laboratori di Huntingdon Life Sciences, minacciando di renderne noti i nomi, il più grande produttore europeo di farmaci ha immediatamente ottenuto la solidarietà pubblica di numerosi fondi d’investimento e del governo.
Oltre a un’ingiunzione di un tribunale londinese che ha proibito al gruppo animalista di pubblicare i nomi degli azionisti.Così, mentre le principali associazioni animaliste – che oggi prendono le distanze dalle violenze – si ritrovano tra l’incudine dei gruppi violenti e il martello del governo, c’è chip, come il filoso americano Tom Regan, uno die principali esponenti del pensiero animalista, pone il dubbio che qualcuno possa utilizzare “agitatori” per far proseguire gli episodi di teppismo (comunque in diminuzione nei primi sei mesi del 2006, dicono i dati dell’associazione dei produttori farmaceutici britannici) e così distogliere l’attenzione da quanto accade nel segreto dei laboratori.
Pochi abili manipolatori che potrebbero fare presa su un numero maggiore – ma per fortuna non corposo – di persone in buona fede che, mossi dalla rabbia per le violenze effettuate sugli animale, vengono spinte a compiere atti che finiscono per screditare le idee animaliste presso cittadini e mondo politico.
Quando l’oggi pericolante New Labour di Blair salì al potere, nel programma elettorale del partito c’era l’impegno a sostituire il più possibile gli esperimenti su animali con metodi alternativi.
Quasi nove anni dopo l’ingresso a Downing Street, nel 2005 il numero di animali utilizzati per esperimenti nel Regno Unito è stato il più alto degli ultimi 14 anni. Ad oggi 2016 gli impegni disattesi si sono moltiplicati e la popolarità del governo Blair è scesa al minimo storico, anche tra gli animalisti.